Scheda libro
Prima della diffusione della stampa, lo scritto e le immagini erano considerate due modalità parallele ed ugualmente importanti per la conservazione del sapere. In tutti gli "studioli" dei Signori del Rinascimento erano gelosamente custodite sia immagini evocative realizzate da grandi autori sia manoscritti di testi fondamentali dell'antichità classica o più moderni.
Nel 1550, grazie all'iniziativa della signoria dei Medici, per lo stesso editore Torrentino furono pubblicati due importanti trattati, Le vite... di Giorgio Vasari e L'idea del Teatro di Giulio Camillo Delminio (postumo).
Il primo, che contiene - dopo un'introduzione di natura tecnica e storico-critica sulle tre arti maggiori (architettura, scultura e pittura) - una vera e propria descrizione della vita e delle opere di più di 160 artisti da Cimabue fino ai tempi dello stesso autore, costituisce una pietra miliare della storiografia artistica ed è considerato il punto di partenza di discipline come la storia dell'arte e della critica artistica.
Il secondo era destinato a rimanere, come osservava il primo curatore dell’opera Lodovico Domenichi, l’unica testimonianza di uno strumento del sapere al quale Camillo aveva dedicato tutta la sua vita: un "teatro" nel quale raccogliere e ordinare, secondo le tecniche dell’arte della memoria, l’intero sapere umano, fino a far rispecchiare nella sua struttura quella dell’universo.
Nel trattato del Vasari migliaia di immagini erano studiate ed interpretate in relazione alla vita, alle intenzioni ed alle capacità dei propri autori. Nel trattato di Camillo, che è solo una versione semplificata del reale "Teatro" abitabile che l'autore aveva in mente di realizzare, una serie di immagini anonime vengono utilizzate come accessi per la memoria, cioè come indizi che ricollegandosi parzialmente gli uni con gli altri conducono a ottenere qualcosa che prima non si conosceva (lo spettatore si sarebbe trovato al centro della scena e sugli spalti egli avrebbe trovato una serie di immagini disposte in sette file).
Da una parte il significato dell'immagine viene spiegato in funzione del suo autore, dall'altro il significato dell'immagine si rivela nel momento in cui essa diviene un elemento per raggiungere una conoscenza che l'osservatore sta cercando. Il successo storico e critico del modello interpretativo del Vasari è noto a tutti, l'uso invece che delle immagini faceva Camillo è stato completamente accantonato (in virtù anche del fatto che, da Galileo in poi, con lo sviluppo della scienza moderna, il sapere non ha potuto più essere inteso in senso globale). Tuttavia si può rintracciare il modello Camilliano dell'uso delle immagini come manifestazione e accessi della memoria nell'attività del più grande innovatore degli studi storico artistici del Novecento, Aby Warburg.
Il primo, che contiene - dopo un'introduzione di natura tecnica e storico-critica sulle tre arti maggiori (architettura, scultura e pittura) - una vera e propria descrizione della vita e delle opere di più di 160 artisti da Cimabue fino ai tempi dello stesso autore, costituisce una pietra miliare della storiografia artistica ed è considerato il punto di partenza di discipline come la storia dell'arte e della critica artistica.
Il secondo era destinato a rimanere, come osservava il primo curatore dell’opera Lodovico Domenichi, l’unica testimonianza di uno strumento del sapere al quale Camillo aveva dedicato tutta la sua vita: un "teatro" nel quale raccogliere e ordinare, secondo le tecniche dell’arte della memoria, l’intero sapere umano, fino a far rispecchiare nella sua struttura quella dell’universo.
Nel trattato del Vasari migliaia di immagini erano studiate ed interpretate in relazione alla vita, alle intenzioni ed alle capacità dei propri autori. Nel trattato di Camillo, che è solo una versione semplificata del reale "Teatro" abitabile che l'autore aveva in mente di realizzare, una serie di immagini anonime vengono utilizzate come accessi per la memoria, cioè come indizi che ricollegandosi parzialmente gli uni con gli altri conducono a ottenere qualcosa che prima non si conosceva (lo spettatore si sarebbe trovato al centro della scena e sugli spalti egli avrebbe trovato una serie di immagini disposte in sette file).
Da una parte il significato dell'immagine viene spiegato in funzione del suo autore, dall'altro il significato dell'immagine si rivela nel momento in cui essa diviene un elemento per raggiungere una conoscenza che l'osservatore sta cercando. Il successo storico e critico del modello interpretativo del Vasari è noto a tutti, l'uso invece che delle immagini faceva Camillo è stato completamente accantonato (in virtù anche del fatto che, da Galileo in poi, con lo sviluppo della scienza moderna, il sapere non ha potuto più essere inteso in senso globale). Tuttavia si può rintracciare il modello Camilliano dell'uso delle immagini come manifestazione e accessi della memoria nell'attività del più grande innovatore degli studi storico artistici del Novecento, Aby Warburg.
L’Atlante della memoria (o Mnemosyne) è l'ultimo progetto di Aby Moritz Warburg. A partire dalle raccolte di immagini preparate in vista di conferenze ed esposizioni, Warburg approntò l’opera in forma di un atlante che doveva essere corredato da testi esplicativi e in seguito pubblicato dall'editore Teubner. Al momento della morte, nel 1929, Warburg lasciò un menabò incompleto (i 63 pannelli dell'ultima versione), l'abbozzo d'una Introduzione e una serie di appunti raccolti poi dalla sua collaboratrice Gertrud Bing. Ma lo stato di incompletezza dell'Atlante alla morte dell'autore, le vicende storiche della Germania e il conseguente trasferimento della Biblioteca e dell'Istituto Warburg a Londra, e, soprattutto, la complessità dell’opera, indussero i collaboratori di Warburg all'abbandono del progetto editoriale.
Mnemosyne è un atlante figurativo (Bilderatlas) composto da una serie di tavole, costituite da montaggi fotografici che assemblano riproduzioni di opere diverse: testimonianze di ambito soprattutto rinascimentale (opere d'arte, pagine di manoscritti, carte da gioco, ecc.); ma anche reperti archeologici dell'antichità orientale, greca e romana; e ancora testimonianze della cultura del XX secolo (ritagli di giornale, etichette pubblicitarie, francobolli, ecc.).
Mnemosyne è un atlante figurativo (Bilderatlas) composto da una serie di tavole, costituite da montaggi fotografici che assemblano riproduzioni di opere diverse: testimonianze di ambito soprattutto rinascimentale (opere d'arte, pagine di manoscritti, carte da gioco, ecc.); ma anche reperti archeologici dell'antichità orientale, greca e romana; e ancora testimonianze della cultura del XX secolo (ritagli di giornale, etichette pubblicitarie, francobolli, ecc.).
L'atlante contiene un migliaio di fotografie sapientemente composte e assemblate: le immagini sono l'oggetto privilegiato di studio di quest'opera. L’immagine è il luogo in cui più direttamente precipita e si condensa l'impressione e la memoria degli eventi. Dotate di un potere di evocazione maggiore rispetto al linguaggio verbale, in forza della loro vitalità espressiva, le immagini costituiscono i principali veicoli e supporti della tradizione culturale e della memoria sociale, che in determinate circostanze può essere riattivata e riprodotta. Nell'Atlante la giustapposizione di immagini, impaginate in modo da tessere più fili tematici attorno ai nuclei e ai dettagli di maggior rilievo, crea campi di interesse e provoca nello spettatore un processo interpretativo "aperto". Obiettivo dell’Atlante è illustrare i meccanismi di tradizione di temi e figure dall'antichità – orientale e greco-romana – all’attualità, con particolare riguardo alla ripresa di moti, gesti e posture che esprimono l’intera gamma dell’eccitazione emozionale. Si tratta di Pathosformeln (formule espressive dell'emozione) dedotte direttamente dai modelli antichi, o anche riemergenti senza diretto collegamento ai modelli, nella forma di engramma, cioè di un esito spontaneo dell'istinto gestuale.
ECFORIA è una collana editoriale che si collega idealmente all'esperienza di Giulio Camillo e a quella di Aby Warburg. L'invenzione della stampa ha fatto della scrittura, per più di tre secoli, lo strumento principale attraverso cui archiviare e trasmettere il sapere. Fino a non molti anni fa entrare in possesso di un libro ha significato poter attingere a cose pensate da altri anche a immense distanze di spazio o di tempo. Le immagini così, che fino alla diffusione della fotografia sono state prodotte unicamente dagli artisti, sono state relegate ad un ruolo se non proprio secondario, almeno dipendente dalla scrittura. Di qui il successo del modello critico Vasariano che traduceva in linguaggio verbale il sapere tramandato in immagini dalla tradizione artistica italiana.
ECFORIA è una collana editoriale che si collega idealmente all'esperienza di Giulio Camillo e a quella di Aby Warburg. L'invenzione della stampa ha fatto della scrittura, per più di tre secoli, lo strumento principale attraverso cui archiviare e trasmettere il sapere. Fino a non molti anni fa entrare in possesso di un libro ha significato poter attingere a cose pensate da altri anche a immense distanze di spazio o di tempo. Le immagini così, che fino alla diffusione della fotografia sono state prodotte unicamente dagli artisti, sono state relegate ad un ruolo se non proprio secondario, almeno dipendente dalla scrittura. Di qui il successo del modello critico Vasariano che traduceva in linguaggio verbale il sapere tramandato in immagini dalla tradizione artistica italiana.
Nel corso degli ultimi decenni del secolo scorso, però, l'uso delle immagini ha conosciuto un incremento mai avuto in precedenza. L'evoluzione dei mezzi di produzione, riproduzione e diffusione delle immagini ha avuto un ruolo preponderante nel determinare la situazione attuale, nella quale in molti casi si è addirittura ribaltato il vantaggio che aveva la scrittura rispetto all'uso delle immagini.
In passato la conoscenza è stata archiviata e trasmessa soprattutto attraverso il libro e la scrittura, perché attraverso le parole era più semplice trasferire informazioni e pensieri: troppo lento era il processo di elaborazione delle immagini e troppo difficile era la loro possibilità di diffusione. Oggi parole e immagini, però, sono sullo stesso piano rispetto al numero di informazioni che sono in grado di fornire e alla capacità di circolazione che possono avere.
Questa nuova collana intende indagare i vari aspetti di questo processo di cambiamento, analizzando e/o raccontando da diversi punti di vista e attraverso le ricerche di studiosi appartenenti a diversi ambiti disciplinari, l'evoluzione della capacità espressiva attraverso le immagini.
La collana intende porsi come una premessa indispensabile per chi si occupa di didattica o di comunicazione nell'era multimediale, perché la rivoluzione informatica, cui stiamo assistendo a partire dagli ultimi quindici anni, non avrebbe potuto aver luogo se non si fosse verificata prima una rivoluzione nell'ambito per così dire delle "immagini". Senza una completa sinergia tra scrittura e immagine non avrebbe potuto svilupparsi un "sapere multimendiale".
Ovviamente lo studio della produzione artistica moderna e contemporanea - successiva alla diffusione della fotografia - avrà grande spazio all'interno della collana, ma non sarà analizzata allo scopo di comprenderne i progressi all'interno dello stesso contesto artistico, ma al fine di chiarire il contributo che gli artisti hanno avuto nel produrre nuovi modelli di espressione e comunicazione attraverso le immagini e che si sono poi estesi alla cultura di massa, divenendo patrimonio di un sapere globale. L'idea di base che muove questo nuovo progetto è che le immagini possano essere, in modo nuovo e diverso, un veicolo per la conoscenza (Camillo) e che possano gettare anche una luce inattesa sul passato (Warburg).
Questa collana editoriale prende il nome dal termine coniato dallo psico-biologo Richard Wolfgang Semon, che ha molto influenzo la ricerca di Aby Warburg. La ecforia era per il biologo tedesco un processo di attivazione o di recupero di un ricordo all'interno della memoria; tale processo dipende fortemente dagli indizi che abbiamo per il richiamo; perché così come quando archiviamo dei documenti dobbiamo usare parole d’ordine o criteri di catalogazione, allo stesso modo, nella memoria, riusciamo ad archiviare informazioni utilizzando alcuni elementi che pesano più di altri. Solo richiamando questi elementi riusciremo a ricomporre il ricordo dell’esperienza.
Già alla metà del Cinquecento Giulio Camillo comprese quanto le immagini avessero un ruolo fondamentale nel fungere da richiamo per attivare quei collegamenti attraverso i quali le nostre esperienze, i nostri ricordi ed in generale il nostro pensiero sono organizzati. Chissà che non sia giunto il momento, grazie alle nuove tecnologie, di recuperare e comprendere in profondità modalità di espressione con le immagini che per troppi secoli sono rimaste sopite!